Ars sete

La scelta dell’arte della seta deriva sia dalla consapevolezza dell’importanza che tale attività assumeva nell’Italia del basso Medioevo, sia perché, fino a qualche decina di anni fa, grazie alla diffusione del gelso nel territorio, le donne di Bevagna si dedicavano in gran numero all’allevamento del baco e alla raccolta e vendita dei bozzoli. Nella ricostruzione degli strumenti di lavoro utilizzati, dalla fornace per scaldare l’acqua e immergervi i bozzoli, al grande aspo per raccogliere il filo in matasse, uno sforzo particolare è stato dedicato alla ricostruzione del congegno utilizzato per la torcitura del filo di seta, il torcitoio a trazione umana, considerata dagli specialisti come la prima macchina operativa complessa che l’uomo abbia realizzato e come tale alle origini della “civiltà industriale”.  Il modello, costruito dalla Gaita Santa Maria sulla base di un atto notarile lucchese risalente al 1335, rappresenta l’unico esemplare di torcitoio medievale oggi funzionante e per questo assume un alto valore storico e culturale.

Per l’Arte della seta, la Gaita ha deciso di riprodurre tutte le fasi di questo complesso ciclo di lavorazione, dall’allevamento del baco da seta- pratica ormai rarissima da osservare nell’Italia di oggi-  alla tessitura del prezioso filo, passando attraverso le fasi della trattura, della torcitura, della tintura e dell’orditura. Il primo procedimento nella preparazione di un filo di seta è la trattura: i bozzoli vengono immersi in acqua bollente per rendere il materiale legante viscoso e vengono rimossi con bastoni, alle estremità dei quali aderiscono i filamenti di seta. Questi filamenti sono avvolti su u aspo: essendo i filamenti di seta troppo delicati per essere avvolti uno alla volta, se ne avvolgono insieme un certo numero, da tre ad otto. Dopo la trattura i fili di seta vengono ritorti per impedire che i singoli filamenti si separino.   Il tutto con strumenti di lavoro ricostruiti nella maniera più filologicamente corretta. Di notevole valore è la ricostruzione del torcitoio circolare da seta. Il torcitoio da seta è la prima macchina operativa complessa che l’uomo abbia mai ricostruito.  La prima immagine giuntaci della macchina si trova nel “Trattato dell’arte della seta in Firenze del 1486(copia di un ms. del scolo precedente, ora alla Biblioteca Laurenziana di Firenze). Dopo la torsione le matasse di filo di seta vengono collocate in sacchetti e bollite in acqua saponata per eliminare la gomma naturale che può ostacolare la tintura; vengono poi sciacquate in acqua pura e messe ad asciugare. Quelle di color perlaceo vengono poi sbiancate con i vapori di zolfo; così il filo bianco è pronto per la tintura. Uscita dalle tintorie, la seta tornava nelle mani delle incannatrici che avvolgevano i fili di trama sui rocchetti; questi venivano spediti nelle case di altri lavoratori serici per l’orditura. Predisposto l’ordito tutto era pronto per la trasformazione decisiva, la tessitura.

 Un’ atmosfera onirica, una leggenda orientale (sull’origine della seta, riadattata), sono la cornice e l’incipit che introducono il mestiere dell’arte della seta, dove protagonista sarà proprio il filo da seta, la cui pregiatezza viene sottolineata progressivamente durante tutto il percorso, dall’allevamento dei bachi alla tessitura, passando attraverso le diverse fasi di lavorazione della trattura, torcitura e tintura. Un susseguirsi di incontri con personaggi legati all’arte della seta e alla sua storia (vedi gli esuli lucchesi), o simbolici (v. il mendico di riferimento dantesco) sottolineano- in una cornice scenografica quasi surreale- un mondo “ideale”, dove la produzione della seta e il suo mercato, nel medioevo, sono sinonimo di enorme ricchezza.